Il Museo Giovanni Fattori viene fondato nel 1877 quando il Comune di Livorno istituì una Pinacoteca Civica destinata a custodire gli oggetti d'arte raccolti dall'Amministrazione e conservati in vari luoghi della città.
Nel primitivo nucleo figuravano alcuni dipinti, sculture e frammentari reperti archeologici frutto di generose donazioni da parte di facoltosi concittadini. Risale a questo periodo l'acquisizione della famosa tela di Giovanni Fattori "Assalto a Madonna della Scoperta" e la grande tela di Enrico Pollastrini "Esuli di Siena" andata distrutta durante la guerra; mentre a Enrico Chiellini si deve la donazione di importanti dipinti tra i quali "Volontari livornesi" di Cesare Bartolena ed anche di un'importante raccolta archeologica e numismatica che ancora oggi porta il suo nome. Proprio nel 1877 fu redatto anche il primo regolamento che constava di nove articoli di cui i primi quattro descrivevano la natura della raccolta e le finalità della pinacoteca ed i restanti cinque ne indicavano le modalità di gestione. Sul finire del secolo, la città di Livorno vive una delle stagioni più feconde dal punto di vista artistico, con una presenza assidua di produzioni di artisti livornesi presso le esposizioni nazionali del tempo. Questo periodo di fervente sttività trova un degno riscontro nelle donazioni al museo, sia da parte degli artisti che da parte delle loro famiglie. Le opere acquisite negli ultimi anni dell' Ottocento sono molte ed importanti: entrano nelle collezione tele di Raffaello Gambogi, Silvestro Lega, Guglielmo Micheli, Adolfo Tommasi, Enrico Banti e di altri artisti macchiaioli e post-macchiaioli. Nel 1896 fu inaugurata una nuova sede, più ampia, e con l'occasione si decise di unire alla Pinacoteca anche le raccolte di Archeologia e Numismatica donate dal Chiellini nel 1883. Agli inizi del Novecento si aggiunsero alle donazioni gli acquisti fatti dal Comune: nel 1908, alla morte di Giovanni Fattori, del quale già si possedevano le due grandi tele delle battaglie risorgimentali, furono acquistate dall'erede universale del maestro, Giovanni Malesci, una collezione di circa 250 disegni ed una raccolta di circa 150 incisioni all'acquaforte di tiratura coeva. Nel 1909 fu approvato un nuovo regolamento che, tra le altre cose, fissava a tre il numero dei conservatori "uno per le opere d'arte, uno per l'archeologia e la numismatica ed uno per i ricordi storici" con la presenza di una Commissione di vigilanza per le decisioni più importanti relative al patrimonio. Negli anni dieci del Novecento l'incremento del patrimonio riguardava gli artisti più giovani, nati durante gli anni ottanta dell'Ottocento le cui opere si affiancavano alla generazione dei cosiddetti post-macchiaoli. Con la nascita del Gruppo Labronico, nel 1920, nata con lo scopo di valorizzare l'arte livornese, e della quale fecero parte artisti come Ulvi Liegi e Plinio Nomellini, furono organizzate mostre che si diffusero a livello nazionale ed internazionale (Ulvi Liegi partecipò all'esposizione Internazionale di Parigi nel 1889). |
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Agli inizi del Novecento si aggiunsero alle donazioni gli acquisti fatti dal Comune: nel 1908, alla morte di Giovanni Fattori, del quale già si possedevano le due grandi tele delle battaglie risorgimentali, furono acquistate dall'erede universale del maestro, Giovanni Malesci, una collezione di circa 250 disegni ed una raccolta di circa 150 incisioni all'acquaforte di tiratura coeva. Nel 1909 fu approvato un nuovo regolamento che, tra le altre cose, fissava a tre il numero dei conservatori "uno per le opere d'arte, uno per l'archeologia e la numismatica ed uno per i ricordi storici" con la presenza di una Commissione di vigilanza per le decisioni più importanti relative al patrimonio.
Negli anni dieci del Novecento l'incremento del patrimonio riguardava gli artisti più giovani, nati durante gli anni ottanta dell'Ottocento le cui opere si affiancavano alla generazione dei cosiddetti post-macchiaoli. Con la nascita del Gruppo Labronico, nel 1920, nata con lo scopo di valorizzare l'arte livornese, e della quale fecero parte artisti come Ulvi Liegi e Plinio Nomellini, furono organizzate mostre che si diffusero a livello nazionale ed internazionale (Ulvi Liegi partecipò all'esposizione Internazionale di Parigi nel 1889).
Agli inizi degli anni Trenta il Comune acquisisce nuove opere, oltre che grazie alle donazioni, incrementando la politica degli acquisti, per cui si rese necessario un riordinamento generale del Museo con un aumento delle superfici espositive e fu in quell'occasione che si decise di intitolare il Museo a Giovanni Fattori. Uscì una preziosa guida stampata dall'editore Belforte in cinquecento esemplari che non si limitava ad elencare artisti ed opere ma offriva anche una dettagliata analisi dei dipinti più importanti.
Durante gli eventi bellici, sappiamo che il Museo fu smantellato e le opere incassate furono date in custodia alla Soprintendenza di Pisa che le ricoverò a Calci dove subirono i danni di un'alluvione nel 1946. Tra il '48 ed il '49 avvenne la restituzione delle casse ma, in una Livorno semidistrutta dai bombardamenti, occorreva trovare una nuova sede che fu individuata nella Villa Fabbricotti, che ospita anche la Biblioteca Civica, e dove la collezione fu sistemata al secondo piano. Inutile descrivere le perdite e le distruzioni subite dal patrimonio a causa della guerra, inoltre gli esigui spazi espositivi assegnati al Museo nel dopoguerra costrinsero i gestori a smembrare le collezioni e distribuire molte opere in vari uffici del Comune, della Provincia, e di altri Enti ed organi dello Stato.
Negli anni cinquanta, grazie alla generosità di alcune famiglie, il Museo acquisì opere di Plinio Nomellini, di Gugliemo Micheli, di Llewelyn Lloyd, di Dino Provenzal, di Michele Gordigiani, mentre deliberò l'acquisto di opere di Serafino De Tivoli, Oscar Ghiglia, Gabriele Gabrielli ed un cartone attribuito ad Amedeo Modigliani. Una grossa donazione degli anni settanta portò al Museo opere di Vincenzo Cabianca, Giovanni Boldini, Giovanni Bartolena, Benvenuto Benvenuti, Ulvi Liegi, Adolfo e Lodovico Tommasi, Raffaello Gambogi, Niccolò Cannicci, Eugenio Cecconi.
Attualmente il Museo, che dal 1994 è stato trasferito all'interno di Villa Mimbelli, è costituito da un nucleo principale di arte prevalentemente toscana della seconda metà dell'Ottocento e del primo Novecento che è ciò che sostanzialmente viene esposto, ma si conserva anche una ricca collezione di icone di scuola ionica, cretese e russa, provenienti da chiese delle comunità greco-ortodosse presenti a Livorno (che è stata una città cosmopolita almeno fino all'Unità d'Italia), una tavola del Beato Angelico "Cristo coronato di spine" del 1450, qualche dipinto risalente ai secoli XVI e XVII e le già citate collezioni di Archeologia e di Numismatica, attualmente in fase di riordinamento e di catalogazione. In deposito è presente anche un cospicuo gruppo di opere di arte contemporanea, provenienti dall'ex museo progressivo di Arte Contemporanea di Livorno.
Negli anni dieci del Novecento l'incremento del patrimonio riguardava gli artisti più giovani, nati durante gli anni ottanta dell'Ottocento le cui opere si affiancavano alla generazione dei cosiddetti post-macchiaoli. Con la nascita del Gruppo Labronico, nel 1920, nata con lo scopo di valorizzare l'arte livornese, e della quale fecero parte artisti come Ulvi Liegi e Plinio Nomellini, furono organizzate mostre che si diffusero a livello nazionale ed internazionale (Ulvi Liegi partecipò all'esposizione Internazionale di Parigi nel 1889).
Agli inizi degli anni Trenta il Comune acquisisce nuove opere, oltre che grazie alle donazioni, incrementando la politica degli acquisti, per cui si rese necessario un riordinamento generale del Museo con un aumento delle superfici espositive e fu in quell'occasione che si decise di intitolare il Museo a Giovanni Fattori. Uscì una preziosa guida stampata dall'editore Belforte in cinquecento esemplari che non si limitava ad elencare artisti ed opere ma offriva anche una dettagliata analisi dei dipinti più importanti.
Durante gli eventi bellici, sappiamo che il Museo fu smantellato e le opere incassate furono date in custodia alla Soprintendenza di Pisa che le ricoverò a Calci dove subirono i danni di un'alluvione nel 1946. Tra il '48 ed il '49 avvenne la restituzione delle casse ma, in una Livorno semidistrutta dai bombardamenti, occorreva trovare una nuova sede che fu individuata nella Villa Fabbricotti, che ospita anche la Biblioteca Civica, e dove la collezione fu sistemata al secondo piano. Inutile descrivere le perdite e le distruzioni subite dal patrimonio a causa della guerra, inoltre gli esigui spazi espositivi assegnati al Museo nel dopoguerra costrinsero i gestori a smembrare le collezioni e distribuire molte opere in vari uffici del Comune, della Provincia, e di altri Enti ed organi dello Stato.
Negli anni cinquanta, grazie alla generosità di alcune famiglie, il Museo acquisì opere di Plinio Nomellini, di Gugliemo Micheli, di Llewelyn Lloyd, di Dino Provenzal, di Michele Gordigiani, mentre deliberò l'acquisto di opere di Serafino De Tivoli, Oscar Ghiglia, Gabriele Gabrielli ed un cartone attribuito ad Amedeo Modigliani. Una grossa donazione degli anni settanta portò al Museo opere di Vincenzo Cabianca, Giovanni Boldini, Giovanni Bartolena, Benvenuto Benvenuti, Ulvi Liegi, Adolfo e Lodovico Tommasi, Raffaello Gambogi, Niccolò Cannicci, Eugenio Cecconi.
Attualmente il Museo, che dal 1994 è stato trasferito all'interno di Villa Mimbelli, è costituito da un nucleo principale di arte prevalentemente toscana della seconda metà dell'Ottocento e del primo Novecento che è ciò che sostanzialmente viene esposto, ma si conserva anche una ricca collezione di icone di scuola ionica, cretese e russa, provenienti da chiese delle comunità greco-ortodosse presenti a Livorno (che è stata una città cosmopolita almeno fino all'Unità d'Italia), una tavola del Beato Angelico "Cristo coronato di spine" del 1450, qualche dipinto risalente ai secoli XVI e XVII e le già citate collezioni di Archeologia e di Numismatica, attualmente in fase di riordinamento e di catalogazione. In deposito è presente anche un cospicuo gruppo di opere di arte contemporanea, provenienti dall'ex museo progressivo di Arte Contemporanea di Livorno.